Omaggio alla lettura
"In omnibus requiem quaesivi, et nusquam inveni nisi in
angulo cum
libro."
Le prime esperienze che mi hanno insegnato ad apprezzare la
parola scritta rimontano ai tempi della scuola elementare.
Una maestra
"illuminata" ci aveva obbligati a leggere "Marcovaldo" di
Italo
Calvino. Non avrebbe potuto scegliere libro migliore per dei
i bambini
che avevano appena imparato a leggere e a scrivere. La prosa
di
Calvino, semplice e piana, mi apriva un mondo nuovo di
parole,
immagini, emozioni.
Ancora oggi, quando sfoglio quel romanzo, la lettura è
influenzata da quella prima esperienza infantile, tanto che
mi è difficile capire se il piacere che provo nel rileggerlo
sia legato alla
prosa di Calvino o al ricordo di quel primo contatto con la
letteratura.
Poi sono venuti anni nei quali la parola scritta era
soprattutto
costituita dai testi racchiusi nei "balloons", nelle
"nuvolette di
fumo" dei fumetti: immagini e parole, un altro tipo di
lettura, altre
emozioni.
Trascorrono gli anni, imperversano altre forme espressive,
la
radio, la televisione, i giornali, tutte importanti, utili,
essenziali,
ma il piacere, il gusto della lettura delle opere letterarie
doveva
nascere, crescere. Poteva trattarsi del libro di cui s'era
discusso in
un talk show televisivo o del consiglio della prof. di
letteratura, ma
sempre il piacere maggiore era di trovarsi perduto fra le
pagine di un
romanzo come ci si perde in un bosco: dopo Calvino: Primo
Levi, Gadda,
Borges, Queneau, Proust e tanti altri, e ognuno era un
nuovo sentiero nel bosco della letteratura.
Ogni nuova lettura aggiungeva qualcosa alle altre, gettava
una
nuova luce sui libri che avevo già letto e su quelli che
avrei letto.
Alcune letture svolgevano una funzione esplicativa nei
confronti di
altri libri, altre mi immunizzavano contro malattie
trasmissibili
attraverso la lettura, come il bovarismo o il lirismo,
agivano cioè
come una sorta di "vaccino culturale".
Ho scoperto che esiste la letteratura che trova un fine in
se
stessa, che non cerca giustificazioni sociali o morali
(penso, per
citare soltanto due nomi, a Nabokov e a Manganelli), ed
esistono coloro
che userebbero la scrittura come un mezzo per far passare
dei messaggi, ma come ha detto qualcuno rispondendo alla
solita domanda
stupida di un giornalista: "che messaggio ha voluto
trasmettere con quest'opera?": "se avessi voluto mandare un
messaggio non avrei scritto un
romanzo, avrei inviato un telegramma".
In questo modo le esperienze legate alla lettura crescono, a
strati, una sull'altra: a volte
l'amore per un autore può farti venire la voglia di imparare
una lingua
straniera (è successo con Proust e Queneau per la lingua
francese),
altre volte l'amore per un libro può farti desiderare di
visitare un
paese o una città (è successo con "Festa mobile" di
Hemingway per
Parigi).
Insomma, come ha scritto Italo Calvino: "leggere significa
affrontare qualcosa che sta proprio cominciando a esistere".
L'avventura continua.